L’Archivio della Provincia Agostiniana d’Italia (APAI) costituisce un tipico archivio di concentrazione che ha ereditato nel tempo una cospicua parte del patrimonio documentario, per lo più moderno-contemporaneo, dei sette enti storici sopravvissuti alle soppressioni dei religiosi tra i secoli XVIII e XIX e confluiti nel 1996 nell’unica circoscrizione italiana dell’Ordine dei Frati di Sant’Agostino (OSA) – già Ordo Fratrum Eremitarum Sancti Augustini (OESA). Il nuovo ente è stato denominato la Provincia Agostiniana d’Italia, posta sotto la protezione dei taumaturghi agostiniani san Nicola di Tolentino e santa Rita di Cascia.
Gli archivi degli enti confluiti nella circoscrizione italiana – vale a dire le province Romana, Ligure, Picena, Napoletana, Siciliana, Umbra e alcuni enti minori – erano già archivi di concentrazione dei fondi prodotti, nel corso di una plurisecolare e complessa vicenda istituzionale (vedi Profilo storico-istituzionale e archivistico di Emanuele Atzori), non solo dalle province, ma anche da alcune congregazioni osservanti dell’Ordine e da tutti gli enti ad esse in qualche modo collegati: alcuni conventi, fraternità laicali soggette alla giurisdizione dei priori generali, singoli religiosi e altri. L’archivio provinciale possiede anche una sezione denominata Federazione delle province italiane, che è stato un ente canonico di coordinamento e promozione dell’unità tra le province agostiniane italiane estintosi nel 1996. La complessa evoluzione della presenza agostiniana, già nell’Italia preunitaria e poi nelle vicende delle varie circoscrizioni unificatesi nel 1996, si rispecchia nella struttura in cui oggi si articola l’Archivio storico, con i suoi numerosi complessi di fondi. All’APAI inoltre è destinato (dopo i consueti quaranta anni) anche il patrimonio archivistico della nuova Provincia nata nel 1996 che ha già iniziato a depositare presso l’Archivio storico una parte della documentazione meno utile al disbrigo dell’ordinaria amministrazione dell’ente.
È necessario ricordare che i religiosi, prima con le soppressioni favorite dal giurisdizionalismo del Settecento, poi con quelle di età napoleonica e in occasione dell’unità nazionale (ca. 1855-1873), sono stati privati non solo dei beni immobili, ma anche del ricco patrimonio storico-artistico, archivistico e librario confluito – attraverso percorsi non sempre facili da ricostruire esattamente – presso istituzioni locali e nazionali, enti di cultura statali ed ecclesiastici e anche altrove (in Archivi di Stato, archivi diocesani, archivi comunali, biblioteche civiche e private) dove gli studiosi possono attualmente consultarli e studiarli. Pertanto, è difficile trovare nel nostro archivio documentazione antecedente l’unità nazionale, se non in alcuni pochi casi favoriti da congiunture storiche particolari che hanno permesso di conservare al patrimonio diretto dell’Ordine fondi, spezzoni di archivi e alcuni importanti documenti. Un progetto di censimento delle fonti archivistiche agostiniane presso enti pubblici e privati è stato tentato in passato più volte, ma si è limitato a pochi importanti fondi archivistici (P. Tullio Zazzeri ha censito e studiato le fonti medievali toscane e sono stati pubblicati gli inventari degli archivi della Provincia Romana, di Sant’Agostino in Campo Marzio e di Santa Maria del Popolo di Roma, quello della Procura della Congregazione osservante di Lombardia). Il progetto di riprendere in mano e completare tale impresa ha avuto un primo importante risultato con la pubblicazione del censimento delle fonti archivistiche agostiniane della Toscana di Marisa Falcone, pubblicato nel volume Inventari e censimento delle fonti archivistiche degli Agostiniani in Toscana, a cura di E. Atzori (Fonti per lo studio dell’Ordine agostiniano in Italia. Subsidia Augustiniana Italica II, 8), Lugano 2017, pp. 792.
La location attuale dell’APAI, che è anche sede della collegata Biblioteca centrale degli agostiniani italiani e delle collegate raccolte artistiche, è l’antichissimo Cenobio della SS. Trinità di Viterbo, una delle istituzioni religiose più antiche della Città dei Papi (risale al 1250 ca.) che, dopo quasi ottocento anni di esistenza, conserva ancora intatta tutto il suo fascino e la sua vitalità: è infatti la casa di formazione dei giovani agostiniani italiani e la sede di molte attività culturali di carattere nazionale ed internazionale, mostre e convegni.
Quando ancora non era nettamente stabilita la distinzione tra biblioteca e archivio, una delibera del Capitolo provinciale di Centocelle del 1290 aveva già stabilito che il convento di Viterbo conservasse non solo i libri necessari agli studi accademici e alla vita spirituale della comunità, ma anche “tutte le lettere papali e tutti i documenti riguardanti l’Ordine”, divenendo così il primo nucleo dell’archivio dell’antica Provincia Romana. Naturalmente le avverse vicende della storia hanno disperso un patrimonio di incalcolabile valore del quale si può tuttavia avere saggio nelle oltre centocinquanta pergamene relative agli anni 1236-1399 e molti altri documenti agostiniani conservati presso la Biblioteca civica “degli Ardenti” di Viterbo. In parte, la ricca documentazione è stata pubblicata in Carte agostiniane viterbesi (XIII-XIV), a cura di A. Mazzon (Fonti per lo studio dell’Ordine agostiniano in Italia. Subsidia Augustiniana Italica II, 6), Roma 2014, primo di alcuni volumi di trascrizioni e regesti del patrimonio documentario agostiniano viterbese dal XV secolo fino a tutta l’età moderna. L’Archivio storico della Provincia ha in gestione anche l’archivio del convento della Santissima Trinità che costituisce la sezione moderno-contemporanea dell’antico archivio disperso dopo le vicende dell’Unità nazionale e dell’applicazione delle leggi soppressive degli ordini religiosi anche nel Lazio (1873-1874).
Bibliografia orientativa